The Wall // Saluti da Aulla // 2017
Saluti e baci di Flavio Favelli
Aulla Città del Nulla potrebbe essere il benvenuto (anziché le solite Città d’Arte o Città del Vino o Zona Denuclearizzata) di un cartello differente e per niente banale - il nulla non è certo cosa da poco.
Ho un legame con Pavana Pistoiese (anche Pavana potrebbe essere un paese del nulla) luogo delle vacanze estive di quando ero bambino.
Quando ci ritorno affiorano ricordi spesso ingombranti che mi fanno in qualche modo rivedere momenti del passato pieno di passi falsi e dei fermo-immagine che fisso come quando ero al cinema con la scuola.
Questa specie di refrain automatico e innato nel rimasticare i ricordi è un diletto ambiguo, una specie di legge con del piacere intorno.
Di Pavana mi ricordo sempre il suo passato -perché era anche il mio- che è sempre più bello del suo presente e sicuramente del suo futuro.
La mia vita è stata scandita, fino alla maggiore età, da cartoline con Saluti e baci o Saluti da che i miei genitori, i pochi parenti ed io, ci mandavamo ad ogni viaggio. Mandare una cartolina era quasi una specie di compito, come fare accuratamente la valigia prima della partenza. Ma forse più che scritte, di cartoline, ne ho ricevute, con paesaggi regolari e monumenti importanti. Saluti e baci era una conferma che tutto passava tranquillo e le città mostravano quello che doveva mostrare una città, così come le vedute o i bei tramonti. Stiamo tutti bene e il tempo è bello : tutto scorreva.
Poi finirono gli anni Ottanta e venne la crisi.
Termini d’ involuzione di Francesca Fontana
Ciò che colpisce di più dell'opera di Alessandro Trapezio, qui in parte contenuta, è la capacità di combinare la documentazione, “letterale”, visiva, a-nostra-misura, con la forza identitaria, energica, nell'interpretazione infinita che sta dietro l'idea, le percezioni e la stessa città di Aulla. Aulla, da tempo quasi condannata a essere potenza passiva, è infatti rievocata nella rappresentatività di quella costruzione sospesa - qui Muro, per molti Muraglia - tanto indefinibile quanto in grado di raccontare (e bene) almeno gli ultimi trent'anni della sua storia. Una storia, quella aullese che, fatta di storie altre, sembra destinata alla non-elaborazione ed anche a una comune, forse involontaria, disattenzione. Una disattenzione a cui spesso, noi tutti, si propende e che perciò si fa, in termini d’involuzione ed evoluzione, determinante. Così si può leggere la crescita di un simile, imponente argine e del pensiero che Trapezio sente e decide di trasmettere. Ponendosi come un figlio nei confronti della madre con le sue fotografie ci invita alla riflessione: con quell’argine incompleto e perciò ancora da significare, cresciuto, come il pensiero, dalle macerie e tra le macerie, vediamo scomparire fiumi, boschi e colline; perdiamo un paesaggio che, per aullesi e non, è sempre stato abituale; sentiamo che esiste una vita, attorno a esso, della quale è possibile scorgerne solo una parte, e così ci chiediamo, per esempio, se il nuovo argine sia realmente difesa o, piuttosto, limite. Del paesaggio mutato, della non rassegnata malinconia e dell’ironia di fondo fondamentale, arriva a noi un’installazione capace di puntare dritto al cuore; mentre rimangono nuove, attuali, cartoline e, soprattutto, domande a cui ancora dobbiamo trovare risposte. L’invito, primo e ultimo, è a cercarle - da qui - assieme affinché il pretesto artistico possa contribuire a ricostruire e modificare l’approccio alla città e a chi la vive; agli individui, agli spazi e alla relazione che, tra questi, necessariamente esiste.
Chiusure di Arianna Manzin
Non è facile parlare del posto in cui si vive, lo è ancora meno se vi si è cresciuti, e la difficoltà aumenta quando c’è qualcosa che non va. Infatti, quando Alessandro mi ha chiesto di introdurre The wall saluti da Aulla ho avuto diversi dubbi. Forse, a mia volta, ero vittima di ciò che questo progetto sta cercando di metterci sotto gli occhi: la totale rassegnazione alla bruttezza, all’idea che Aulla non si possa migliorare. Che sia una cittadina inutile e dimenticata, maltrattata e abituata alle mostruosità più varie, tanto che persino un enorme muro di cemento grigio passa inosservato.
Un tempo Aulla era un posto vivibile, ce lo ricordano le foto in bianco e nero e i racconti epici delle generazioni precedenti. Ma, negli anni, questa piccola città è diventata l’espressione tangibile di come la mancanza di sensibilità possa rendere un luogo tetro e inospitale. Tramite un processo inesorabile e costante, ci si è abituati a brutture e mancanze di ogni tipo.
Perciò, mentre continuavo imperterrita a sostenere che l’unico motivo per restare ad Aulla fosse la focaccia di Renzi, Alessandro mi ha ricordato che, anche in tempi non troppo lontani, c’erano ancora tracce di un passato migliore e di una comunità attiva. E che vale la pena ricordarli per cercare di capire se ci sia ancora qualche possibilità.
Sono stati proprio la validità del progetto e la determinazione del gruppo che lo propone a convincermi che è il momento per provare a pensare in modo diverso.
Con lo sguardo nuovo di Alessandro questo muro diventa quasi interessante. Senz’altro, sotto forma di cartolina è divertente. Alessandro, guardando da esterno, ma con il coinvolgimento di chi non vuole lasciar perdere, ci mostra un muro che dovrebbe ripararci da ulteriori inondazioni, ma che assomiglia più all’ennesima chiusura. Chi c’è rimasto intrappolato è anche nascosto alla vista di chi ne è fuori. E ci costringe a ripensare a quello che sono stati gli ultimi anni, al perché le persone si sono abituate a vivere in un posto tanto brutto, ma, allo stesso tempo suggerisce che, per quanto possa sembrare difficile, non è mai troppo tardi per cambiare qualcosa.
Le foto del muro sono forti e ne rivelano tutta l’assurdità. La speranza però è che questa mostra sia un’occasione per riflettere. Sarebbe bello che gli aullesi guardando il muro, magari per la prima volta in cartolina o su un manifesto di 6 metri per 4, pensassero alle opzioni che hanno a disposizione per riempire lo spazio pubblico che vivono ogni giorno. Le idee sarebbero senz’altro interessanti e fantasiose.
Tra le tante cose, a me viene in mente che ognuno può decidere, tramite semplici azioni, il modo in cui gestire i rapporti umani della comunità, anche trovandosi di fronte a persone che arrivano da altri Paesi. Si può riempire la città di falsità e incomprensioni oppure si può provare, magari con un po’ di fatica iniziale, a renderla più piacevole e vivibile per tutti.
Intervista e articolo di Susanna Scafuri:
https://www.yourpictureditor.com/blog/2017/11/21/alessandro-trapezio/
Video presentazione e dibattito 28-10-2017 con:
Alessandro Trapezio
Flavio Favelli
Antonio Grulli
Chiara Zucchellini
Umberto Crocetti
https://www.youtube.com/watch?v=TQ_cIGLl7cw